Riflessioni…

2 febbraio 2020
Riflessioni in vista di una partita e riflessioni successive alla partita
Riflessioni pre partita
Riflessioni post partita

28 dicembre 2019
Dalle stelle alle stalle. Con tutto il rispetto per le meravigliose stalle, che certamente possono stimolare i miei sensi e invitarmi all’evoluzione e al piacere.
A questo giro autunnale/invernale pare andare tutto male. Anzi, va tutto male. Escludendo l’aspetto fisico: sono in forma fisica, questo va valorizzato.
La fase autunnale da sempre mi invita a riflettere, a chiedermi cose, a sentire, ad entrare nelle più disparate e disperate visceralità del mio essere. La fase autunnale da sempre risveglia in me una parte autodistruttiva, masochista che, nonostante razionalmente io sia lucido, presente, con in mente quelli che possono essere gli obiettivi di crescita, la strada, le cose che mi possono far stare bene ed evolvere, lavora di continuo, di nascosto e anche non di nascosto, mi mette a disagio, mi allontana dal benessere, vuole che io non riesca, vuole che io non abbia successo, vuole che io non sia sereno e dentro al piacere, soprattutto quello condiviso con altri esseri umani.
Naturalmente, dato che il tennis fa parte della mia vita, anche il tennis è influenzato da questa parte malinconicamente, ossessivamente, oscuramente, introspettivamente parte di me.
Certo è che non tutto di questa parte è negativa. E’ anche figlia di miei valori solidi, positivi, controcorrente, profondi. Certo è che non la vivo come potrei: potrei sorriderle, ma non le sorrido, la soffro. Potrebbe però essere un tesoro.
Nel tennis questo si rivela con una non determinazione, una non voglia di lottare, un sentirmi tutta testa, un non riuscire a divertirmi, un non riuscire/non volere lasciarmi andare, un non trovare/non usare la chiave per vincere seppure la vittoria la ritenga la cosa meno importante. E’ come se non volessi riuscire, anzi non voglio riuscire. C’è una parte di me che non vuole che io riesca.
Da sempre, o da quando ricordi, questa parte di me mi accompagna. A volte, in stati di quasi serenità, sono riuscito a gestirla, a superarla, a fare vincere la parte che vuole riuscire in questo mondo, in questa vita. Ma nel momento in cui  sono minimamente meno (quasi) sereno del solito, non riesco a riuscire, non ho voglia, non ci metto tutto me stesso, non me ne frega un cazzo, ritengo anche di poco valore il riuscire se per riuscire va ad intendersi il vincere una partita.
E allora, in questo stato riflessivo, cupo, introspettivo, di poco benessere, di grande lettura del mio io più profondo, non rimane che forse la cosa più importante e per cui vale la pena lottare: la crescita, l’evoluzione, che io considero ancora più importante dello stare bene, del benessere, e che nulla ha a che vedere con la vittoria di una partita, cosa che in queste situazioni ritengo di così basso profilo che già il citarla mi dà dolore al pancreas, alla mente, al fegato e a tutte le parti del mio essere, pure al cuore.
Vincere una partita, naturalmente, è anche conseguenza di una crescita, può essere una conseguenza di una crescita, di una evoluzione. Ma vi sono momenti, come quello in cui mi trovo ora, in cui nonostante consideri l’importanza vitale del concetto di evoluzione, crescita e superamento dei miei limiti, una parte di me rema contro, rema così forte contro tale evoluzione che sento l’impossibilità di evolvermi e di conseguenza anche di vincere una partita contro un avversario vicino o superiore al mio livello tecnico.
E’ in questi casi che ci si potrebbe soffermare sulla crescita e basta, sull’andare oltre, senza considerare l’avversario, senza puntare alla vittoria, ma soltanto alla crescita. Più che in altri momenti, intendo. Ma se vi è una parte di me che non mi vuole far sorridere, evolvere, crescere, superare i miei limiti, allora cosa mi resta? Naturalmente è una domanda che porgo a me stesso, al nulla, non di certo agli esseri umani perché vi è una parte di me, la stessa di cui trattai poco fa, che non vuole che io sia aiutato da alcuno.
27 giugno 2019
Sono stato soddisfatto di me. A questo giro da ogni punto di vista.
L’approccio, innanzitutto. La continua ricerca del benessere, del giocare per divertirsi. Perché è di svariati benefici: in primis per lo stare bene, rilassato, in benessere, divertito; in secondis perché stando rilassato e in benessere gioco meglio, gioco libero; in terzis perché così è più facile che vinca. E vi sono altri infinitis motivi.
Inoltre l’aspetto fisico. Ho gestito il più possibile un problema strutturale alla schiena che probabilmente avrò per sempre perché strutturale, appunto. Mi sono allenato da quasi ogni punto di vista: fiato, gambe, braccia, addominali, schiena, tennis, calcio. Anche il calcio. E’ l’aggiunto della stagione. La novità dell’anno.
Il mio corpo ha sofferto per gli sforzi, ma non mi sono mai fermato. Non mi sono mai infortunato. E questo va valorizzato.
Ho avuto sintomi fastidiosi pre infortunio, infortunio che però non è mai giunto. Anzi, ad ogni aggiunta di sport il mio corpo reagiva forse meglio.
Non ho avuto bisogno di pause sino ad ora. Ora sì, perché lo sforzo di domenica è stato troppo e poi impegni prossimi mi portano a riposare in vista di tali impegni prossimi. Ci sta. Diciamo che ho tenuto fede a tutti gli impegni fisici a cui sono stato chiamato in questa fase. E non è male, anzi è bene alla soglia dei 38 anni. Forse anche solo due anni fa non sarei riuscito a tenere fede agli stessi impegni.
Domenica è stata una giornata da valorizzare. L’ultima giornata con la squadra in un impegno vitale per il proseguo del nostro cammino estivo.
Ci volevano psiche, fisico e qualità. Ci sono state.
Odio esprimere le mie vittorie, ma le butto qui con l’umiltà verso un qualcosa che magari può dare ispirazione al prossimo o al successivo o semplicemente per valorizzare tale cosa e metterla sul mio sito laddove ho messo anche le delusioni e le sconfitte e dunque per lo stesso motivo decido di scrivere anche delle soddisfazioni e delle vittorie.
La partita delicata era la mia. Per diversi motivi, se io avessi perso anche quest’anno non saremmo stati promossi. Ecco che la tensione era vivida anche per questo. L’avversario era temibile, forte.
Sentivo avrei potuto vincere, sentivo avrei potuto perdere. Sentivo che, in momenti di alto benessere e rilassamento, gli ero superiore.
Sono riuscito a superarlo nella prima fase, tuttavia nella seconda io cominciai ad avere paura, lui ad avere fiducia e grandi colpi. Io proseguii nella ricerca del benessere, dello stare bene, fiducioso che inseguendo questi obiettivi prima o poi sarei riuscito a tornare a giocare bene.
Feci un gioco splendido non vinto però per non avere avuto totale gestione del me, persi forse coraggio e convinzione. Lui giocò molto bene.
Mi superò in fiducia ed io ero quasi morto, sfiduciato, con la delusione nell’anima per il fallimento personale e di squadra. Avrei perso io e avrebbe perso la squadra. Ebbi terrore.
Tornai a chiamarmi alla fiducia nel percorso: seguire il benessere psico fisico e giocare come mi sarebbe parso: qualunque scelta avessi fatto, l’importante era farla con convinzione, benessere, serenità. Mancava il coraggio: lo aggiunsi fronteggiando la paura.
Così fu. Fummo 0-2 per lui al terzo set e da lì in poi tornai al mio meglio, viatico furono due passanti di rovescio in lungolinea splendidi e un continuo aggredire lasciandomi andare e inseguendo il più possibile il gioco a rete da me tanto amato.
Vinsi e urlai: forza!
Le mie gambe soffrivano, la mia schiena pure: c’era da fare il doppio, un doppio vitale per proseguire il cammino estivo, dopo un singolo di due ore e mezza.
Ancora io e Davide, così diversi, così potenzialmente complementari e forti.
Per la prima volta ci capimmo, lui parlava il mio linguaggio (sorridendo in benessere), io parlavo il suo (incitandoci e con grinta). Così ci aiutammo. Sconfiggemmo una coppia ottima, gli stessi con cui vincemmo i singolari, due ragazzi gentili e onesti.
La soddisfazione, oltre a riuscire in un appuntamento vitale, ufficiale, decisivo, delicato, e dunque vivido di tensioni, aspettative, paura, è stato anche essere riuscito a portare sino alla fine il percorso dal punto di vista fisico. Morto ne uscii, per due giorni ebbi difficoltà a camminare, tuttavia portai a termine il percorso nonostante le avversità. Non mi infortunai. Cercai e in parte trovai il benessere. Mi espressi forse al meglio perché quest’anno aggiunsi il benessere oltre al superamento dei miei limiti legati alla paura e alla mancanza di coraggio. Mi espressi forse al meglio perché in certi momenti in realtà non cercai il benessere, ma lo fui: ho semplicemente sprigionato il benessere dentro di me. Questo è un concetto molto sottile ma sostanziale: a volte la ricerca del benessere è testa, è razionale, è controproducente perché si va cercando una cosa che in realtà è già dentro di noi. Il benessere è e va sentito visceralmente. Bisogna essere benessere, non tanto ricercarlo.
Promozione o no, vittoria, superare l’avversario… Nulla di questo ha valore dinanzi al concetto di crescita, di evoluzione, di benessere. Vittoria nel risultato e crescita sono connesse, ma non per forza l’una porta all’altra. Le cose più importanti sono la crescita, l’evoluzione, il benessere: sono e rimarranno i miei obiettivi, al di là del risultato. Se poi vincerò, meglio ancora.

30 maggio 2019
Incontro un amico, con cui vinco e perdo. Ma avevo perso l’ultima volta e avverto la paura, il fastidio di perdere ancora. Non che vincere o perdere lo consideri importante, ma sentivo che avevo paura di perdere.
Focalizzavo questa paura e sono entrato in campo per vincere e per divertirmi.
Ma, forse inconsciamente, ero frenato. Non riuscivo a dare il massimo.
Cercavo il divertimento e non ci riuscivo.
Dinanzi un amico che ha preso la strada del Benessere. E che sta migliorando. E che si è evoluto nel cercare di non essere negativo, di lavorare punto su punto e di non pensare al risultato. Giocò molto bene.
Fu equilibrata fino alla fine. E persi.
Bisogna andare oltre, sentire di essere oltre il risultato. Stare nel benessere anche inconsciamente.
 
26 maggio 2019
 
Tensione, alti e bassi molto importanti. Poi la ricerca della chiave. La trovata della chiave: giocare divertendosi.
Ho cercato di fare le cose che mi divertivano. Ci sono riuscito e ho cominciato anche a migliorare in termini di punti, in termini di scelte corrette. E mi divertivo. Ho anche vinto.
 
Lunedì 18 marzo 2019
 
Sono dentro la sconfitta.
Sto perdendo tanto. Perdendo. In tutti i sensi: sulla carta e nel non riuscire a superare i miei limiti e nel non riuscire a non commettere gli stessi errori.
E’ realtà.
Sto elaborando il concetto di sconfitta, un concetto ampio e quasi tabù nella società di oggi.
La sconfitta.
Per me la sconfitta è struggimento dell’anima per non essere riuscito a superarmi. E’ come avere dinanzi un muro e non riuscire ad abbatterlo.
Bello è pensare alla sconfitta anche come a un qualcosa che fa parte di me: ho dei limiti che non so superare e questo va accettato. Interessante tal visione.
Naturale è pensare a ciò quando non riesco, quando non vinco.
Quando mi supero, quando vinco, penso alla bellezza di essermi superato, alla vittoria.
E’ tutto un pensare, forse. E se, forse, la vittoria definitiva stesse nell’abbandono della mente? Nel non pensare? Nel lasciare scorrere e così fluire?
E’ la fatica nella mente che spesso mi appesantisce prima di una sconfitta. E’ lì il peso. E’ l’assenza o la carenza di fluidezza, di divertimento, di leggerezza ad appesantirmi quella parte che se fosse libera, leggera, forse mi permetterebbe di superare me stesso e andare oltre.
Lunedì 18 marzo 2019
Io sono un nulla senza di Te.
Come posso trasmettere Benessere senza il Benessere?
E’ come Gesù Cristo senza Dio. Come può aver trasmesso la verità senza la verità?
Io posso essere la mano che apre, che insegna. Ma senza di te, la mia chiave, come posso aprire quello scrigno di Benessere incontaminato?
Io insegno e trasmetto il Benessere. Tu sei il Benessere.
Io ricerco il Benessere. Tu lo sei.
Io sono un nulla senza di Te.
Che debba essere Benessere senza ricercarlo?

 

Domenica 24 febbraio 2019

Oggi il lavoro su di me è stato il rilassamento. Unito all’accettazione delle mie emozioni, allo sfogo delle emozioni negative.

E’ stato un lavoro notevole, notevole perché va in una direzione nuova per me. Non solo rilassamento, ma anche lasciarmi andare a un urlo di sfogo quando lo sento. Unire la parte spirituale all’accettazione delle emozioni. Non male.

L’avversario era tosto, tostissimo. Facile perderci.

Mi ha urtato un po’ la sensazione negativa che avevo su di lui. Sensazione poi trasformata in positivo perché si è in realtà dimostrata una persona onesta, sportiva, corretta. Mi ha fatto piacere.

Ho unito l’estro alla solidità, equilibrio su cui sto lavorando in questa fase: sempre a rete in serve and volley sulla prima di servizio, ma sulla seconda no. Mostrare a me stesso e all’avversario che so giocare di fino a rete ma anche di solidità da fondo campo.

Mi sono rilassato, sapevo che sarebbe potuto essere decisivo. Lo è stato. Ci ho creduto sino alla fine, soprattutto nel seguire uno schema di variazione di base, senza improvvisare più di tanto: ha funzionato.

Vorrei essere un po’ più estemporaneo. Vorrei limitare un pochino gli schemi… Ci proverò per capire se può funzionare.

 

 

Lunedì 14 gennaio 2019

Allenamento con il compagno di squadra più tosto, più bravo.

Ne esco con la consapevolezza di una crescita sostanziale.

Persi, ma mai arrivai così vicino a vincere un set con lui.

Sento di aver trovato un mio modo di gestire la parte tattica, un modo che va incontro alle mie qualità, alla mia volontà di sfruttarle, alla mia volontà di divertirmi, alla mia volontà di evolvermi, alla mia volontà di vincere.

Ne esco più convinto che ci sono cose che in alcuni momenti devo fare. Punto e basta. La variazione è già parte del mio bagaglio e la continuero a cercare. Ci sono momenti però in cui serve fare quella cosa, anche se mi sembra banale e ripetitiva.

Punto e basta. Punto e virgola.,

 

Domenica 30 dicembre 2018

Tra i momenti più belli della mia vita.
Stavolta a vincere è la mia parte che vuole pubblicare tali momenti vittoriosi, vittoriosa sull’altra parte che invece non vuole esprimere ai venti una vittoria, forse per umiltà, forse perché non apprezza l’egocentrismo, forse per altro.
Questa vittoria l’ho dedicata alla mia mammina, lì presente.
Mai sino a ieri ero riuscito a dare del mio meglio in ambito tennistico, da giocatore, dinanzi alla mamma. Mai.
Ieri ci sono riuscito giocando una partita tra le più belle della mia vita. Arrivato all’orlo del precipizio, ho reagito e mi sono affidato alla psicologia, allo spirito, al corpo, alla tecnica. Credo a tutto.
L’ho dedicata alla mia mammina, da sempre mia sostenitrice con quel suo: “Torna vincitore Lelino!!”.
Prima di abbracciare il mio avversario, ho abbracciato lei e mio padre, al quale già dedicai imprese mosse anche dal mio amore per lui e dal suo amore per me.
Io vivo per quei momenti. Momenti di vita o morte, vittoria o sconfitta, dentro o fuori, consapevolezza dei miei limiti, momenti in cui gestisco le mie emozioni, momenti in cui gestisco la mia paura, consapevole dei tanti fallimenti e di tante sconfitte. “Alla peggio soffrirai di nuovo… Alla peggio tornerai a sciogliere il fallimento dentro di te. Alla peggio, distrutto e morto e ucciso dalla delusione per te stesso, tornerai comunque a vivere e ritroverai comunque la serenità… Non devi aver paura di questo, della eventuale sconfitta, della eventuale delusione. Ci sei già passato. Niente ti potrà scalfire: qualunque cosa succederà, hai gli strumenti per tornare a sorridere.”
Questo dicevo al mio cuore. Questo mi ha aiutato a sciogliere la paura del fallimento e a giocare più liberamente.
E poi, in ogni istante, cercavo la leggerezza, provavo a divertirmi e a sorridere, perché so che quando sono nel Benessere potenzialmente mi può riuscire tutto.
Mamy and papi ancora lì a sostenermi come fossi un bimbo… Per quanto potranno ancora farlo? Anche a questo ho pensato…
Vi amo.
Un saluto empatico ed etereo alla mia sorellina che anch’ella sostenne da lungi il fratellino.

 

 

Domenica 30 novembre 2018

Sono nel mezzo. 

Per la prima volta nella mia vita mi sono trovato a sentire che non mi interessasse vincere. Per davvero. 

Per tutto il primo set ero focalizzato sul fare le cose bene, non sul risultato. Soltanto che oggi non le ho fatte bene e ho perso contro un avversario alla mia portata.

Al di là di ciò è stata la sensazione di destabilizzazione a toccarmi quasi a non sapere che cosa voglia dal tennis.

La mia ricerca sul non pensare al risultato, sull’andare oltre, sul divertirmi, mi ha forse portato a un momento di dubbio esistenziale? Voglio davvero lottare per vincere? Voglio provare a fare soltanto le cose che voglio? Voglio tutte e due? Non lo so, proprio non lo so.

E allora ecco giustificata questa brutta prestazione che ha però stimolato dentro di me l’accettazione che può andare male. Su questo punto, sull’accettare che può esserci una giornata no, va meglio. 

Sulla schiena va meglio e questa è un’ottima notizia.

La mia ricerca va avanti. 

La prossima volta darò più importanza al risultato di quanto abbia fatto oggi.

Tuttavia, onore al mio avversario!

 

Giovedì 1 novembre 2018

E’ questa la direzione. Divertimento, creatività continua, alternanza tra creatività e solidità. Così mi esprimo per come sono e faccio grandi cose, perché i miei gesti fluiscono e mi sento libero di andare oltre. E tutto mi riesce.

C’è sempre quella voce maledetta che mi fa fare cose che non posso fare. E’ come se non accettassi l’evidenza, è come se mi volessi fare del male, è come se qualcosa dentro di me mi volesse tenere aperto a tutto e andare oltre quando il benessere è nell’avere il limite. C’è sempre quella voce che mi fa preoccupare dinanzi all’evidenza che invece non c’è niente di cui preoccuparsi. 

Ci sono mille voci. E mi sono rotto il cazzo di non saperle ascoltare. O meglio, le so ascoltare ma mi sono rotto il cazzo di non saperle seguire sino in fondo col fine di stare bene.

 

 

Lunedì 29 ottobre 2018

In quella situazione quasi irreplicabile, nel momento più delicato, non ho ricercato la leggerezza, il divertimento. 

Mi sono focalizzato sullo spirito, sul rilassamento, sul non pensare, ma non sul divertimento e la leggerezza ignorante. Ed inoltre non ho seguito l’istinto. Sapevo di essere in ritardo e nonostante questo non ho variato la mia intenzione.

Lavorerò per riuscire anche in questi momenti, attimi, situazioni che durano così poco e laddove è l’jntuito e tutto il resto che possono fare la differenza. Il tutto.

E se fosse soltanto una questione di non pensare e di abbandonare la mente in quegli attimi? Mi spiego. In quegli attimi penso di non dover pensare e dunque penso. E se invece dovessi lavorare proprio nella direzione di non pensare neanche che non devo pensare?

 

 

Sabato 9 dicembre 2017

In occasione della Coppa Comitato Fit

 

Si ritorna alla continuità della pratica del singolare, dopo una pausa dovuta agli impegni e a un infortunio.

E’ bello riprendere e sentire il proprio corpo che ritorna a  funzionare.

Ho buone sensazioni nei due singolari fatti, tra oggi e domenica scorsa. Buone sensazioni nei gesti e nella qualità affinata con gli anni. Mi sento un giocatore di maggiore qualità rispetto anche solo a un anno fa.

Leit motiv di questa fase: grande qualità espressa in parte del primo set e poi incapace di vincere il primo set e di ritornare a tale livello.

Il mio obiettivo deve essere il ritrovare tale livello e il mantenerlo il più possibile: è meraviglioso tale livello, è libertà, è tante cose.

Voglio e riuscirò a starci di più.

 

 

Sabato 16 settembre 2017

In occasione di una partita presso Tc Gallarate, torneo Fit limitato 3.3

 

La paura dinanzi a un giocatore di più alta classifica.

Il vederlo, prima della partita, vestito per bene e con movenze da alta classifica, appunto.

Sentire dentro il fastidio per il vestirsi bene e per chi si muove consapevole di essere un giocatore di alta classifica ed evidentemente bravo.

Provai a gestire questo.

Non lo salutai, mezzora prima della partita, perché sentivo che tale saluto sarebbe stato una sorta di stima, idolatria di un qualcuno di superiore nella classifica.

Prima di entrare in campo però cercai il suo sguardo per sciogliere le tensioni e anche per essere aperto nei suoi confronti. E lui cercò il mio. Ed ebbe un bel sorriso. Scoprii che era un bravo ragazzo ed evidentemente anche umile, nonostante l’alta classifica.

Avevo l’obiettivo di giocare rilassato, sentire i miei gesti fluidi e divertirmi.

Sentivo dentro la quasi certezza di perdere, per via dell’alta classifica dell’avversario ed anche per come giocava in palleggio: bene.

Mi sono deciso ad essere aggressivo fin da subito. Iniziai splendidamente e proseguii per tutto il primo set, vincendolo.

Dentro di me la quasi certezza che le cose sarebbero cambiate.

Lavoravo sul cercare di tenere la mente libera, sul focalizzarmi sul qui ed ora, ma non ci riuscivo. Ero tutto mente.

Lui iniziò ad essere sicuro e io crollai nella insicurezza forse più profonda.

Continuavo a ripetermi tali concetti:

“Tu ti senti inferiore”

“La questione della classifica è solo una questione mentale”

“Tu ti senti inferiore”

“La classifica è solo mentale”

Mi focalizzai su una delusione tremenda che ebbi in passato nella mia vita sentimentale. Quel giorno non ebbi il coraggio di fare un cosa, scappai, e mi pentii amaramente e ancora oggi sento quella delusione.

Mi sono detto: guarda quella delusione, immagina di essere stato coraggioso e trova ora il coraggio che allora non hai avuto.

Iniziai il terzo set tornando a essere più sicuro e aggressivo.

Lui tornò a essere insicuro.

Su un 40-40, primo game, suo servizio, osai e fui aggressivo. Andai vantaggio mio e lui fece un doppio fallo.

Continuai focalizzando il mio centro, il diaframma, e sentendo lì il coraggio che quel maledetto giorno del passato non ho avuto.

Le cose funzionarono, sino alla fine.

Vinsi.

Lui mi sorrise e mi disse:

“Ma che punteggio è???”, riferendosi a un punteggio femminile ovvero con grandi cambiamenti da set a set.

Ridemmo e io fui consapevole che era un bravo, umile e simpatico ragazzo.

 

 

Mercoledì 13 settembre 2017

In occasione di una partita presso Tc Gallarate, torneo Fit limitato 3.3

 

Il lavoro, considerata la pausa estiva e il fatto che ho giocato poco a luglio e agosto e arrivavo da un infortunio, è stato l’accettazione che le cose non sarebbero potute andare al meglio.

E’ normale non giocare come si vorrebbe, se è molto che non si gioca e non ci si allena.

Per tutta la partita ho lavorato su di questo. Su questa accettazione.

Così come ho lavorato sul non ascoltare quella mia parte della personalità che avrebbe voluto farmi giocare in un modo diverso da quello che funzionava.

Con tale discreto avversario, onesto e simpatico, funzionava la gestione, il colpire la palla morbidamente e dando profondità.

Ogni tanto cedevo e volevo accelerare, ma non funzionava.

E allora persuadevo me stesso a continuare a gestire morbidamente.

Fu una lotta continua con me stesso.

Ne uscii vincitore, dentro di me e sul campo.

 

Martedì 27 giugno 2017

In occasione di una partita di torneo presso Borgo Bagnolo

 

Perseveranza assoluta. Sono stato incollato alla partita inseguendo le mie idee, sino in fondo.

Appena dubitavo, tornavo subito a impegnarmi nelle cose che sapevo avrebbero funzionato.

Ho lavorato sul rilassamento e sull’aggressività.

La chiave tattica era fin da subito tenerlo lontano e spingere un po’. La cosa bella era il sapere che cosa dovessi fare e l’averlo cercato sempre. E’ capitato che durante qualche punto cedessi, ma in generale ho sempre cercato di fare ciò che sapevo avrei dovuto fare (rispondere il meglio possibile e tenerlo lontano dalla rete, aggredendolo).

Ho anche lottato contro una parte di me che metteva in dubbio questa tattica, questo disegno. Ho voluto fidarmi invece della mia intuizione. Mi sono fidato e ha funzionato.

Oggi lavorai anche su di una cosa fondamentale, che potrebbe definirsi campo quantistico. Ho lavorato sul concetto di fare in modo che le cose che desidero accadano.

Punto su punto mi sono fatto un’idea, un piano di riuscita… e mi fidavo che ci sarei arrivato. Provandoci e avendo fiducia, le cose che immaginavo accadevano e allenandomi ad avere certe intenzioni (ad esempio, lui viene a rete ed io, invece di alzare la palla a pallonetto come faccio solitamente, provo a spingere), queste intenzioni si sono trasformate in istinto… 

Fu illuminante un momento… Lui viene a rete attaccandomi velocemente sul rovescio. In questo caso di solito alzo un pallonetto. Quella volta invece, senza neanche pensarci, ho colpito forte in direzione del suo corpo e ho fatto punto. Credo che questo colpo mi sia venuto spontaneo perché per gran parte della partita mi spronavo a provare passanti invece di alzare pallonetti in caso di discesa a rete dell’avversario. Insomma, la mia tesi è che se mi abituo ad avere certe intenzioni, dopo un po’ queste intenzioni diventano istinto puro… Abituando la mente a pensare diversamente, il nostro istinto si adegua e fa cose che normalmente non era abituato a fare…

 

Domenica 25 giugno 2017

In occasione dell’incontro a squadre D3 contro l’Harbour Club

 

E’ iniziato il percorso “lasciare andare il braccio”. Spingere con rilassatezza.

Dinanzi avevo un avversario tecnicamente inferiore, che però ad un certo punto mi ha messo in difficoltà.

E allora, in quel momento, invece di alzare la palla ed iniziare a mettere in pratica un gioco fastidioso ai più, ho voluto seguire la mia nuova intuizione: crescere nel sentire più disinibizione nei gesti, nel sentire anche più velocità di palla, migliorare nella spinta, impormi tecnicamente e nel ritmo.

Ho lavorato su di questo e ci sono riuscito.

Ho lavorato anche sul sentirmi umile anche nei momenti positivi. Sono rimasto umile, non mi sono esaltato, e ha funzionato.

 

Lunedì 12 giugno 2017

In occasione dell’incontro a squadre di D3 vs Dairago

Nonostante tutto, ci sono riuscito. Sono riuscito ad adattare il mio gioco alla situazione. Sono riuscito a cogliere i consigli degli amici e del papà che mi invitavano ad un palleggio senza forzature e a un gioco più intelligente.

Ho cambiato e ho vinto.

Avrei voluto vincerla diversamente questa partita. La capacità di palleggiare, di fare perdere la pazienza all’avversario, di indurlo all’errore, ce l’avevo già.

Avrei voluto sconfiggerlo anticipando e spingendo e con decine di vincenti: tattica che ancora non ho, e che vorrei migliorare.

Il punto è che arrivavo da una base di fatica importante, di non equilibrio fisico. In tali situazioni forzare non funziona. O meglio, ieri non funzionava.

Ci ho provato, senza riuscirci.

Ho cambiato, ci sono risucito. E sul finire della partita ho anche messo a segno qualche vincente. A dimostrazione di come, in caso di ritorno di fiducia, le cose tornano a riuscirmi.

Non bisogna, però, andare oltre l’equilibrio fisico. Bisogna stare su di una base di benessere… Sempre. Bisogna sentire che il proprio corpo gioisce nello sforzo fisico, non che soffre nello sforzo fisico.

 

Domenica 4 giugno 2017

 

Voglia di giocare alle stelle, voglia di esibirmi alle stelle. Risultato che ho iniziato l’incontro con una qualità forse mai raggiunta in tutta la mia vita.

Il proseguo è stato più difficile. Ma ho sempre gestito la situazione.

Ho sentito, a un certo punto, che stavo abbassando il livello di aggressività. L’ho rialzato e lui è tornato a subire.

Al momento di chiudere la partita, mio servizio, ho focalizzato l’attenzione su di una particolare situazione: quando, nella vita, subisco una brutta notizia, mi succede qualcosa di negativo, c’è una parte di me che prende vigore… E’ come una sorta di istinto di sopravvivenza che gode nella difficoltà, che si rialza quando crolla. Mi sono focalizzato su tal sensazione, su  tal pensiero, e su quella forza vitale…

Non ho fatto scorrere molto tempo tra un punto e l’altro, così da evitare di razionalizzare troppo. Ho servito benissimo e sono riuscito ad aggredire con qualità. Ho chiuso la partita così. Ero anche rilassato.

 

Domenica 26 marzo 2017

Una di quelle domeniche che mi rimarranno dentro.

Dopo tanto tempo torno a fare un torneo, anzi due.

La mattina gioco ad Abbiategrasso. Inizio con sensazioni non meravigliose. Sono in difficoltà. Perdo il primo game. Sto per perdere il secondo. Ma riesco a reagire… Da lì e sino alla fine della partita le sensazioni migliorano e trovo una buona sicurezza, mi diverto. Non perdo più un game.

Al match point per me, mi ritiro… Devo giocare un altro torneo nel pomeriggio, e preferisco che il mio avversario possa proseguire.

Vado a Sovico, felice anche dell’arrivo di alcuni miei amati allievi che vengono a vedermi.

Vinco giocando bene contro un gentile e simpatico avversario. Mi sento sicuro, leggero…

Dopo un paio di ore di pausa, inizia la battaglia.

Il mio avversario non sbaglia mai. E colpisce con qualità. E’ uno di quelli che fa della continuità, della lotta, del fisico le sue armi. E’ molto bravo.

Reggo, lo supero nel primo set, perché anche io faccio lo stesso e ho il coraggio di osare.

Respiro, provo a calmarmi, provo ad osservare ed accettare i miei errori.  E faccio di tutto per non commetterli di nuovo.

Vinco il primo set al tie break.

Sento la stanchezza. Mai prima d’ora avevo fatto una partita così impegnativa fisicamente. Gli scambi sono infiniti e provo a dosare le energie o meglio a colpire senza provare fatica. Non sempre ci riesco.

Perdo il secondo set.

Respiro, chiudo gli occhi per lasciarmi andare, per stare dentro, provo a rilassare il braccio, provo a sentire che mi sto divertendo, cerco con lo sguardo i miei allievi per alleggerire il momento.

Il mio corpo mi abbandona a tratti. E’ tutto, così come la giornata intera, una sorta di dosare le energie, di gestirle, di fare in modo di potere proseguire al meglio e dare il massimo. E’ tutto un’organizzarmi con il cibo e con l’acqua, per dare energie a una macchina che infinite energie non ha. Provo a gestire tutto questo. Ho come obiettivo il risparmio energetico. Non sempre ci riesco.

Ogni scambio è duro, alcuni sono infiniti. Ne vinco diversi di quelli infiniti.

So che per vincere devo osare, devo avere più coraggio, più aggressività, devo variare andando a rete bene. Ci provo, ci provo, ma non sempre ci riesco.

So che la strada può anche essere il sentirmi libero, il lasciare andare il braccio, il divertimento… Ci provo, ma non ci riesco.

Sono molto continuo, sbaglio poco.

Sto per morire, sono a un game dalla sconfitta, ma durante il cambio campo focalizzo l’attenzione su un bel pensiero e questo mi aiuta…

Ho due match point contro. Lotto con tutto me stesso con la voce dentro di me che vuole scappare dalla lotta preferendo la sconfitta. Le dico: Io non voglio perdere.

Reagisco, ci riesco.

Pareggio.

Il mio corpo perde altre energie. Sento che sono al limite. Provo a fare durare comunque gli scambi, provo a non sbagliare. Non sempre ci riesco.

L’ultimo game è stato di alto livello. Grandi velocità, grande continuità.

Provo a stare, a non scappare, provo il coraggio, provo… Non sempre ci riesco.

Sul suo match point, stavolta non ci riesco.

Meraviglioso.

 

 

7 marzo 2017

Meraviglioso è riappropriarsi del proprio corpo… Sentire che è tornato a funzionare… Sentire che risponde senza lamentarsi…

Meravigliosa la sensazione di affaticamento dei giorni successivi a quello di un allenamento importante.

Bello vedere il corpo che si adegua, che si adatta… che cresce.

Voglio allenarmi ovunque, sentire che ogni parte del mio corpo è allenata e sta crescendo.

Voglio sentirmi dentro ad una macchina destinata a volare leggera e a librarsi per sempre…

 

6 marzo 2017

Riflessioni a seguito di un paio di doppietti con alcuni compagni di gioco…

Ho lavorato bene. La chiave di oggi è stata il focalizzarmi sulle cose che so che funzionano, le cose semplici, concrete. Mi sono focalizzato sulla capacità di rilassamento unita al sentire dentro la grinta, la voglia di fare, di riuscire.

Sono stato aggressivo quando dovevo, sono stato morbido quando dovevo.

Ho gestito bene la rivalità che sento nei confronti di un compagno di gioco. L’ho aggredito quando potevo. Sono stato deciso… e quasi mai ho esagerato.

Ho rilevato dentro di me quando era l’occasione per aggredire. E l’ho fatto. Ho rivelato dentro di me quando era l’occasione per gestire. E l’ho fatto.

Ho combattuto contro la paura di farmi male dovuta a una temperatura non proprio temperata. Mi sono tenuto caldo e allo stesso tempo mi sono rilassato, nella convinzione che spesso esagero nel timore di farmi male: è spesso più un mio timore che un reale rischio di farmi male.

Il mio corpo ha reagito bene.

 

6 novembre 2016

Sono un po’ in difficoltà, perché non riesco del tutto a esprimere ai miei allievi il mio pensiero, ciò in cui credo, e ad esprimere il mio metodo, ovvero lo stesso metodo che io applico su me stesso.

Ai miei allievi do degli spunti, li ascolto, cerco di farli lavorare sui loro limiti. Ma il tutto rimane in superficie… Non fornisco loro un metodo che vada in profondità.

Io quando gioco, continuo ad ascoltare me stesso, le mie gestualità. Sto in contatto totale con le mie emozioni. Gioco con le mie emozioni, ci lavoro. Se c’è paura, la sento. Se c’è spavalderia, la sento. Se c’è tensione, la sento. Se c’è una sensazione di superiorità, la sento. Se c’è sensazione di non riuscire, la sento. Riconosco tutte queste emozioni e provo a entrarci.

Ad esempio, provo a vedere che cosa succede a fare quello che la paura mi induce a fare (scappare da una situazione)… e vedo che cosa succede….. Un’altra volta provo a vedere che cosa succede a fare quello che la paura mi invita a non fare (avere coraggio e andare contro la paura) e vedo che cosa succede…

Il contatto continuo con le mie emozioni, con le mie sensazioni è anche un modo per rimanere vigile, dentro. Ma anche fuori. Da dentro nasce anche la consapevolezza verso ciò che fa l’avversario, verso ciò che sente l’avversario. Ci sono dei momenti in cui ho una tale sicurezza di ciò che ho dentro che ho la certezza che se faccio con convizione una certa cosa il punto lo vinco io… Come quasi a prevedere il futuro, perchè è tutto (o quasi) un gioco di emozioni, come la vita.

A volte, durante una partita, non è tanto la tattica ad avere la meglio, ma è proprio l’emozione. So che se faccio con convinzione e rilassatezza una cosa, un’azione, che può essere l’andare a rete con continuità oppure rimanere lontano dalla riga di fondo e tenere un palleggio parabolico e arrotato, il punto lo porto a casa io. Ovviamente di fronte c’è un avversario, il quale può avere una bravura che può fare crollare il mio tentativo… ma in un contesto di parità di livello tecnico, so che il mio tentativo, se svolto con convinzione e rilassatezza, funziona.

E’ questo che vorrei esprimere ai miei allievi. Non lo riesco a fare sia per una mancanza di coraggio (il parlare di cose che hanno una rilevante profondità può scatenare forti dubbi e dunque reazioni negative che spesso non ho voglia di fronteggiare) sia per una mancanza di tempo (l’essere in contatto con gli allievi per una sola ora a settimana mi porta a privilegiare esercizi e cose più immediate e facili da interpretare).

Ma voglio esprimere il mio metodo. Non mi sentirò mai soddisfatto se non lo condividerò con convinzione con i miei allievi.

Ci sono partite che ho vinto perchè ho scelto di rimanere in contatto con una particolare emozione durante il corso di tutta la partita.

Ne ricordo una durante la quale ero in difficoltà e poi ho cercato di immaginarmi cattivo, aggressivo, senza scrupoli. Ho cercato di sentire dentro di me la cattiveria e di mantenerla sino alla fine. La partita è cambiata in modo esponenziale.

Ci sono state volte in cui non ho avuto il coraggio di fronteggiare una paura e sapevo che se l’avessi fatto (e avevo le carte per farlo) avrei vinto. Ricordo una finale persa…. Ho vinto magnificamente il primo set. All’inizio del secondo set, mia sorella mi ha dato una voce: “Avanti così Gabry… mi raccomando”. Intendeva di rimanere aggressivo… Io da sempre soffro i consigli, l’aiuto degli altri… come se debba sempre cavermela da solo. Voglio sempre cavarmela da solo. Ecco… Sapevo che avrei dovuto accettare quel consiglio di mia sorella, perché l’ascolto di esso era un segnale di maturità, era accettare un consiglio, era accettare un condizionamento esterno… Ma avevo fastidio ad accettarlo…. Sapevo che la chiave della vittoria sarebbe stata l’accettare quel consiglio, con serenità… Una parte di me non ha voluto… Non ha avuto il coraggio e lo sapevo.

Da quel momento non ho più giocato come avevo fatto. Ho perso male il secondo set e pure la partita e l’occasione di vincere un torneo di fronte a tutta la mia famiglia.

E’ stata una bruciante sconfitta. L’ennesima che mi ha portato a consapevolizzare. So che in quei momenti devo accettare il condizionamento, devo sorridere, devo avere coraggio. Ho la fortuna di sapere riconoscere l’emozione di fastidio dovuta a un semplice consiglio. Ergo, devo avere il coraggio di combatterla.

Questo e mille altre cose voglio comunicare ai miei allievi.

Certamente il conoscere se stessi parte da fuori dal campo. Ogni momento, ogni azione, è un’occasione per fare emergere emozioni e riconoscerle e guidarle, dominarle, sfruttarle. Da lì si può poi provare la stessa cosa in campo, con grandi risultati. Che sia un metodo che funziona solo con me? Ho forti dubbi.

 

1 novembre 2016

Allenamento a Borgo Bagnolo

Le sensazioni fisiche sono forti dopo un intenso e lungo allenamento aerobico svolto ieri.

Ho difficoltà a camminare, avendo indolenzimento accentuato nelle gambe.

Decido, nell’allenamento odierno, di approfittare di questa situazione fisica non utilizzando al massimo le gambe… ed utilizzando al massimo le energie delle braccia e dello spirito così da valorizzarle al meglio.

Provo a sentire il rilassamento in braccia e spirito, provando a tenere un buon ritmo in entrambi i lati (diritto e rovescio). Provo ad anticipare ogni palla e sentire che tutto scorre al meglio.

Durante la partita contro un ottimo avversario, e ormai compagno, cerco di fare lo stesso. Ogni tanto esco da questa situazione, provando discese a rete o colpi raffinati (smorzate), ma non funziona. In questi casi di sconforto, mi ricordo che l’obiettivo è un altro, deve essere un altro oggi: provare a non utilizzare le gambe, provare a sentire che riesco a spingere utilizzando la forza delle braccia e dello spirito, provare a fare cose semplici ma disinibite e convinte. Ci riesco ogniqualvolta ci provo con tutto me stesso.

Tutto funziona ed esco dal campo rilassato e sereno e convinto di aver trovato un onesto e bravissimo nuovo compagno di gioco che spesso usa l’arte del silenzio e della tranquillità emotiva.

 

7 settembre 2016

Le sensazioni dopo una bella vittoria

Una musica degli Walkmen… la luna arancione… prima una musica alla Norah Jones… e una sensazione di benessere e di contentezza e di felicità dentro… Finalmente ho vinto…. ho vinto bene… Ho quasi la pelle d’oca… Una sensazione di svuotamento… quasi un orgasmo… Finalmente ho vinto…

 

9 luglio 2016

Non c’è bisogno di fare grandi rituali per raggiungere la tranquillità interiore.

Oggi pensavo, cercavo la tranquillità, mi vedevo dal fuori, sentivo… Ma devo cercare di stare tranquillo e giungere allo stato di grazia, alla scioltezza dei gesti più totale… Devo riuscire a stare tranquillo in modo più semplice… magari semplicemente sentendomi già tranquillo evitando l’apporto eccessivo di pensieri o di rituali.

Inoltre, non devo giungere alla non sostenibilità fisica… Ieri sera non dovevo andare a ballare.

Devo fare in modo che la mia attività fisica la possa fare sempre. Quindi, così sarebbe sostenibile.

Per come mi sento oggi, domani non potrei giocare. Sono troppo stanco… E non va bene…

E se oggi abbia perso proprio perché ieri sera non mi sono riposato? E se oggi non sia riuscito a raggiungere la tranquillità interiore perché troppo stanco?

 

6 luglio 2016

Sono in un periodo di notevole forma e forza tennistica.

La vittoria contro quel 3.5 a Rho è un’ulteriore dimostrazione.

La tranquillità del gioco, il ricercare le cose più “alte” quali il lasciare andare il braccio con l’obiettivo di godere se succede e di non disperare se non succede funzionano…

Il trovare la soluzione tattica e l’aspettare l’arrivo del momento cruciale. e con pazienza aspettarlo lottando, l’arrivarci, il mantenere la calma, l’avere coraggio…

 

 

5 luglio 2016

Oggi ho imparato questo….

Lasciate che sia… Se l’avversario provoca, consapevolmente o inconsapevolmente, lasciate che sia… E’ meglio evitare il conflitto… Il conflitto provoca tensione, provoca malessere. Rimanete focalizzati su di voi. Sul rilassamento, sul positivo, sul tentativo di avere coraggio, su che cosa dovete fare. Rispondete alla provocazione soltanto se l’avversario vi coinvolge in forma diretta…Altrimenti, lasciate che sia… Farete grandi cose.

 

29 giugno 2016

In occasione dell’incontro a squadre di D3 giocato a Casalbuttano

 

Da un certo momento in poi, a Casalbuttano, è iniziata una delle più belle partite della mia vita. Perché l’ho Trovata.

E’ partita non bene, sentivo l’estrema Forza del mio avversario, ho sentito la Sconfitta… e poi mi sono costruito il raggiungimento di un livello Superiore.

Sono stato nella Non Ragione. Credo di averla trovata nel sentire libero il braccio. Nel “o la va o la spacca”. Ma non ho spinto a prescindere. Sono stato in quella condizione rilassata e lucida che mi è tipica di quando svolgo una lezione. Ho avuto l’immagine di un ragazza che vidi giocare tempo fa, il quale in forma tranquilla non faceva vedere la palla al suo avversario.

Ho detto: “Vado sempre a rete quando servo”. E ho servito così bene che, una volta a rete, ero nelle condizioni per chiudere facile al volo.

A quel punto il mio avversario, che un attimo prima sentivo quasi insuperabile, mi sembrava inerme.

Per mantenere tale Stato di Grazia, che fu chiaro per 4 giochi di seguito circa e fino alla mia vittoria del secondo set, ho cercato l’Apertura una volta che è cominciato il terzo set. Tenevo la testa alta, cercavo una sensazione di Illuminazione, di Superiorità, di Altezza.

Ci fu un momento in cui un bimbo giunse vicino al campo, di fianco alla rete protettiva. Gli sono andato incontro e gli ho sorriso, invece di pensare a come rimanere concentrato evitando contatti con ciò che non riguardava il campo.

Ho seguito il continuo ringraziare il mio avversario, invece che creare conflitti con lui.

Sul 5-4  per me, a un solo gioco dalla vittoria, perdo il primo punto e sento la Sconfitta di quel gioco importantissimo. Allora tengo alta l’attenzione spalancando gli occhi come fa Djokovic quando, mi piace pensare, si accorge dell’importanza del Momento, e cerco di tornare dello Stato di Grazia, nella sensazione di stare svolgendo una Lezione laddove sono tranquillo e la mia autostima è alta avendo di fronte un allievo.

Sono rilassato e faccio andare con più attenzione la palla, cerco profondità e rotazione. Mi focalizzo sulla tattica, ma più sulla sensazione di Sicurezza e di Stato da Lezione.

Vinco 6-4 al terzo. Urlo, e mi è piaciuto tutto. Anche l’abbraccio con i compagni di squadra che mi stavano sostenendo, probabilmente ignari di tutto ciò che si è mosso dentro di me.

 

5 giugno 2016

In occasione della competizione a squadre D3 federale

Il concetto di Squadra, lo stare insieme, l’aiutarsi, il volere che i compagni facciano bene, il Sentire i miglioramenti nelle sensazioni tennistiche, il cercare e il trovare la chiave per la vittoria, la Vittoria!

 

28 dicembre 2015

Quando ho la palla per fare un game importante, ora ho capito che la strada da prendere è la cattiveria senza esagerare… Perché se non lo metto in pratica, sbaglio facilmente dato che mi inibisco… Su palle importanti non devo prendere iniziativa a prescindere. Devo aggredire con calma e salire a rete soltanto se capita l’occasione.

Sono migliorato nel non diagonalizzare le volee. Meglio, di base, il lungo linea. Ma devo farlo con calma e decisione… Altrimenti non funziona. Perché, lo so, non è tanto una questione di direzione di palla, quanto di calma e convinzione sulla scelta presa.

In generale, sono migliorato anche nella gestione della sconfitta. Ormai, nonostante l’inevitabile sofferenza, riesco a sorriderci.

 

10 dicembre 2015

Col Sorriso dentro, Continuare a Provare…Finché non ce la si farà…Finché non si Supereranno i propri orizzonti.

Ogni Palla che arriva è un’Occasione in questo Senso.

 

 

30 novembre 2015

Il respiro quando serve. Il non respiro quando è utile l’istinto.
La sicurezza della strada.
Il lavorare ad ogni costo sul non commettere gli errori di sempre.
L’individuare la chiave e andarci incontro a tutti i costi.
Il non fare violenza su se stessi.
La crescita attraverso l’allenamento.
Il sentire che il corpo segue l’intento.
Il non parlare. L’azzerare il più possibile la parola.
Il non fare le cose per gli spettatori, ma solo per sé.
Il controllare la foga.
Il respirare per ammorbidire i muscoli durante una discesa a rete.
L’andare decisi, fermi, convinti, aggressivi quando serve.
L’osservare l’avversario e la sua foga. Il capire che la sua foga è una nostra arma in più.
L’azzerare qualunque pensiero legato al passato.
Il rimanere sul “Qui ed ora”.
Il…. Il…. Il….