Domenica 1 novembre 2020
Le mie riflessioni sulla situazione
Poggio, Isola d’Elba_3 agosto 2016
La forza dell’amore
Quando si va Oltre, si va Oltre e basta. Ciò che viene prima va a perdersi nella Dimenticanza, tra le cose infelici.
Milano, 11 settembre 2016
Questo Sogno… questo Sogno d’Amore…
Incantevole Lei… Una Terra Sognata… Una Musica Dolce e Trascendentale.
Incantevole è il Cuore che trascende ogni altra cosa.
Questa Bellezza, Fuori e Dentro… Una Positività che ha il Fine di essere Tale, che si Dà. E per questo Riceve.
Milano, 21 settembre 2016
Sto maturando dentro di me una rabbia. una rabbia contro la società, contro il sistema, che forse mi porterà in futuro a uscire completamente dal sistema.
Milano, 4 ottobre 2016
La Pratica quotidiana può essere la Svolta. Il Continuo praticare cose che mi fanno bene Dentro e Anche le cose che ritengo di Crescita: Cucinare, Pulire, Curare il mio Ambiente, Curare le mie Cose…
E il Sentire il mio Intuito, come oggi con la Direzione da prendere lungo la Martesana. Il rischiare prendendo una Strada che so che è quella Giusta, ma di cui magari non sono Sicuro…
Milano, 6 novembre 2016
Non voglio interessarmi del risultato .
Basta! Basta davvero.
Ora basta guardare le cose attraverso i numeri. Quasi mai più voglio guardare i risultati. Fanculo coppe e targhe. Mi fate schifo!
Milano, 22 gennaio 2017
Viaggio incontrastato verso il cielo sublime, la musica rindonda fuori e dentro di me. E’ un’estasi così rinomata dall’umano intento.
Null’altro voglio se non ricordarmi dei ricordi perduti.
Il cielo con la sua immane infinitezza esplode di mille luci lontane quanto eterne vite.
Ed io che mi soffermavo sull’umano intento m’accorsi che l’umano intento altro non era che un intento umano.
E così mi praticai delle cose semplici, delle cose a portata di mano, neanche di piede. E così via rimasi solo perché a portata di mano altro non c’è che la mia essenza.
Quanto sono lontane le umane mani, le altri carni… Fosse diverso da così, mi sarei evoluto diversamente. Sarei in connessione con il tutto fuori di me e non con il tutto dentro di me.
Ma forse è l’equilibrio tra il Dentro e il fuori ciò che conta, e forse non conta neanche questo.
Già portai il mio cuore dinanzi al mondo, ma fintanto che non lo porterò dinanzi a me niente di immanente potrà mai sviscerare il nodo che porto dentro da quando ricordi.
Milano, 10 gennaio 2017
Molto bene. C’è energia.
Milano, 24 gennaio 2017
Adoro la mia vita, nel senso di stile di vita. E’ meravigliosa. Faccio fondamentalmente quel cazzo che voglio, faccio sport, mi esprimo attraverso di esso. Ho degli allievi che credono in me. Sono bello, sono in salute anche se in questo periodo non proprio in vigore ma ci tornerò presto.Mi sostengo economicamente. Ho una famiglia che mi adora, ho delle connessioni di amicizia che potrei sfruttare di più.Ho tutto, fondamentalmente. E voglio, pretendo di più.INUSITATO.Sono dentro a questo corpo, un corpo limitato, un corpo che mi sta stretto, perché voglio di più. Voglio una connessone profonda con il mondo paranormale.Voglio entrare in contatto con l’Aldilà, voglio avere delle prove di un mondo che va oltre.Voglio connettermi con le energie dell’Universo. Voglio vedere altre popolazioni aliene, voglio un altro pianeta.Questo mondo mi sta stretto.Voglio di più. Voglio stare lassù per guardare quaggiù con quel distacco che tutto, e ripeto tutto, va a svalutare tranne che la nostra Essenza.
Provo ad esprimere qualche riflessione, qualche emozione tra le milioni che ho avuto dentro ieri…. Non ci riuscirò, per il limite riposto nel Verbo (che difficilmente sa esprimere riflessioni, sensazioni ed emozioni in forma completa, esauriente, perfetta) e nel tempo che, nonostante infinito, mi chiama per altri progetti 🙂Ho visto un film. Un film che tratta della bellezza, della bellezza di una rivalità che rivalità non è. Nessuna rivalità E’ se non la si vede come tale. Tutto può essere uno scambio, un confronto. Nel tennis come nella vita…Qui c’è tutto. In quegli scambi di immane bellezza, di sguardi, di rimpianti, di gioie, di dolori, c’è tutto.Non c’è il migliore. Ne tanto meno c’è il migliore di sempre. C’è solo il superamento dei limiti.
L’incontro di ieri non è dimostrazione che Roger Federer è il più grande di sempre, cosa che sono certo diversi media e social vanno esprimendo oggi in forma molto diffusa. Perché il più grande di sempre, non mi stancherò mai di dirlo, non esiste. Le epoche dei grandi campioni del passato sono, appunto, diverse, gli strumenti sono diversi, le vite sono diverse, le situazioni, le condizioni, gli avversari… Tutto è diverso.
Non c’è il passato, in tal senso. Non c’è il futuro, in tal senso. C’è solo l’adesso. C’è solo, in ogni istante, la possibilità di superare i propri limiti. E se in quell’istante vinco o perdo il punto non significa che sono stato più forte o meno forte del mio avversario. Vincere o perdere un punto dipende da mille fattori. Può succedere che io superi i miei limiti più di quanto lo faccia il mio avversario…. e nonostante questo perdo il punto. Così come può succedere il contrario, che vinca il punto nonostante il mio avversario abbia superato i suoi limiti più di quanto lo abbia fatto io… Il confronto è solo con se stessi. Non c’è competizione. C’è solo la possibilità di crescita.
“Sempre” non esiste laddove si guarda al qui ed ora.Un altro motivo per cui l’incontro di ieri non è dimostrazione che Federer è il più grande di sempre è che non c’è partita che possa dimostrare il “sempre”. Ogni partita può dimostrare la grandezza della partita stessa. Ogni attimo può essere grande.
Roger Federer è grandioso, Rafael Nadal è grandioso. Tutti possiamo essere grandiosi.
Ogni atleta e uomo è grandioso laddove esprima il suo potenziale.
Oggi ha vinto Federer. Ma forse ha vinto anche Nadal. Lo sa solo lui se ha dato il massimo o avrebbe potuto fare meglio.Mille altre volte ha vinto Nadal. Così come mille altre volte ha vinto Federer.
Non è una questione di numeri. Non lo sarà mai, altrimenti si va contro l’essenza di uno sport, di una vita. Laddove probabilmente sono le sensazioni e le emozioni a guidare.
Limitiamoci ad osservare… a contemplare la bellezza dell’umile Rafael che ci prova, ci prova con tutto se stesso. Sempre e comunque. Ci riesce, non ci riesce.Osserviamo, contempliamo la bellezza del sogno di Roger che si è avverato. Vederlo saltare come un bimbo, sentire la sua tensione nell’ultimo turno al servizio… mi ha toccato, mi ha fatto sorridere proprio perché ho guardato con distacco. Proprio perché ho abbandonato il mio recondito e insano desiderio di non vederlo vincere un altro Slam. Ho gioito con lui perché finalmente sono riuscito a non tifare contro Roger Federer. Fu il mio idolo per anni, ma poi l’eccessivo tifare del mondo, dei media, dei social per Federer mi hanno allontanato dal sentirlo parte di me. Il continuo sentire frasi superficiali quali “E’ il più forte di sempre”, “Roger è il tennis” mi hanno allontanato dal tifare per lui. E nonostante io riconosca l’unicità di Roger Federer, la sublime classe, la sua forza incommensurabile, nonostante riconosca i suoi valori positivi di umiltà, semplicità, nonostante una parte di me volesse rivederlo vincere ancora, un’altra parte di me desiderava perdesse… Un’altra parte di me desiderava perdesse proprio perché non mi riconoscevo e non mi riconosco in molti suoi tifosi che altro non sanno valorizzare che il tennis di Federer e le sue gesta senza sapere ammirare la bellezza degli altri tennis e della gesta di milioni di altri giocatori meravigliosi anche quanto Federer.In quella mia emozione di gioia provata ieri per Federer c’è il superamento di un mio limite. E mi auguro che questo possa accadere in tutto il mondo.Impariamo dunque ad osservare, gioire di ogni gesto…. Il tifo porta innanzitutto tensione, soltanto a volte gioia… E la tensione porta a focalizzarsi soltanto su chi tifiamo. Tifare è limitato, a meno che non si riesca a tifare con distacco. Ma è proprio l’essenza del tifare che considero un allontanamento dalla verità.Il tifo fa perdere attimi, lucidità. Ci fa guardare la vita così come lo sport, così come le guerre, così come gli amori, così come tutto, soltanto da una prospettiva.La vittoria di ieri di Federer è il suo sogno, non il nostro sogno. Riguarda lui questa vittoria. Non riguarda quella del tifoso o dell’appassionato o del distaccato osservatore.
Guardiamo le cose con sano distacco, non facciamoci prendere dal sentirci parte di Roger, così come di Rafa.Siamo noi stessi… e osserviamo con gioia, distacco e osservazione empatica la bellezza di quanto è successo ieri così come sempre, così come nel passato, così come nel futuro.
Non me ne frega un cazzo.
Viaggio incontrastato se non dal mio pensiero dentro una vita leggera e senza peso, miro al momento, miro all’approvigionamento di un riposo dal tormento.
Null’altro ha importanza se non l’immane folgore del piacere inusitato.
Non bado alla forma, bensì alla sostanza. Nonostante la scrittura sappia di forma. Non ne bado. Lascio scorrere fluido un canto di purezza 1991, un canto di un album di forse purezza superiore.
Viaggio forse sempiterno verso l’…incanto, verso la sospensione del pensiero, dei sensi e di tutto ciò che può sospendersi e librarsi nel cielo così come altrove.
Non freno un istinto che va deciso, spinto da melodie viscerali che altro non fanno che sfiorarmi la nostalgia di un tempo che non tornerà mai più, se non risentendolo dentro di me per sempre, per sempre, per sempre, sempre, sempre, sempre…
Sono all’interno di un bel lavoro dove principio e fine non esistono.
L’occupazione in altre occupazioni. E’ il tema di questa fase. Ma la pratica deve procedere. La pratica ha rallentato, si è anche fermata. La pratica del quotidiano, del fare sempre le cose che mi portino al mio centro, al mio equilibrio, al mio ordine interno.Devo (nel senso di posso… Nel senso che se non lo faccio, mi ritrovo sempre lì) tornare alla pratica delle cose quotidiane. Devo provarci con tutto me stesso nonostante le nuove occupazioni di mente e corpo.Forza e coraggio.
Resisti, resisti, stai dentro a questa sensazione. Non dare peso alle parole che arrivano. Non darci peso. Non serve. Continua a stare. Piuttosto, piangi… E continua a sentire.
Fare di tutto, sapere fare tutto.E’ l’istinto che mi porta a questo.Non riesco a lavorare soltanto su di una cosa. E’ come negare tutte le altre. Preferisco valere 7 in tutto, che valere 10 in una cosa e 6 in tutte le altre.La corsa, sì… Il tennis, anche. La scrittura, anche. Il suonare, anche. L’evoluzione delle mie viscere emozionali, pure. L’evoluzione mentale, perché no?Tutto, proprio tutto. Ci vuole tutta una vita di pratica, disse un tale che si faceva chiamare Socrate in un film meraviglioso.Sapere fare tutto.Ogni Primavera, ogni Estate, si intensificano queste domande.., tali quesiti. Cosa fare per evolvermi, cosa devo fare per giungere alla strada, per trovare me stesso… Cosa devo fare?Tre anni fa l’addentrarmi per la prima volta in Natura per un periodo di tempo importante. Da solo in quella casetta di legno in mezzo al bosco… Là fuori soltanto il vento, che a volte pareva mare, a volte vento e mi chiedevo: “E’ il mare ciò che sento? Oppure è il vento?”. Era sempre il vento. Il mare era troppo distante…Quell’anno le prime pratiche sulla paura, sullo sconfiggere la paura in Natura.Le prime corse in mezzo alle montagne, le mille domande in mezzo a sconfinati spazi…Due anni fa il ripetersi di una situazione simile. Da solo, ma in un bel paesino…Grandi momenti di solitudine, così come grandi momenti di compagnia.E l’intensificarsi delle pratiche in montagna, nel bosco. I primi acciacchi dovuti a un nuovo ambiente. La prima esperienza musicale per strada. Il nuoto, il mare. Gli scogli. Il superare la paura dell’andare di notte nei boschi. Il trovare un equilibrio tra tutto. La ricerca di empatia, il trovarla, il sorriso, il dolore per temere di non piacere. Il lavoro su me stesso per andare oltre.L’anno scorso, una medesima situazione. Da solo in quel paesino dell’isola d’Elba. Il suonare per strada, il tennis, il correre, lo scalare la montagna, il nuoto, il cercare compagnia per poi esserne deluso. L’essere deluso dell’uomo in generale. Il provare schifo per tutta la società. L’ipotesi, prima o poi, di andare via, di cambiare vita verso l’estremo.La scoperta che tra i momenti più belli vi sono quelli nel bosco, quando sfrutto il busco come una enorme palestra naturale: sollevo la legna, corro, cerco l’equilibrio su di un tronco, mi piego, mi alzo, salto, mi inoltro tra i rovi rinforzando corpo e mente…Fare tutto. Ho da sempre, ma piu che altro da pochi anni in forma spiccata, il volere fare tutto.Non mi interessa una cosa. Voglio sapere fare tutto. Ho paura all’idea di abbandonarmi completamente verso una cosa sola. E’ per questo, forse, che ho difficoltà a portare a termine progetti nella vita. Perché ne porto avanti mille. Che sia la strada corretta? Che debba cambiare? Che debba concentrarmi su di una cosa e tenere soltanto vive le altre? Ma è quello che ho sempre fatto, più o meno…Vado avanti a passo lento, portandomi dentro tal punto di domanda che mi fa compagnia da quando ricordi.
Senza luogo né tempo
Sii il Gabbiano della tua Coscienza.
Cavalca le onde del Mare sempiterno.
Vola alto, vola basso.
Vola in mezzo, Districandoti tra i tutti.
Raggiungi la Piena Serenità
di un Momento lungo come un’eternità.
Tu Sei quel momento, quel Gesto, quell’Intuizione,
quella Sensazione, quell’Emozione.
Vai sopra e Oltre ogni umana coscienza.
Nell’attesa… nell’attesa di una bella notizia… Sento che manca qualcosa per essere felice.Tuttavia ho tutto per essere felice, di concreto e nell’anima.Io sono felice, nel senso di essere la felicità.Ho tutto dentro e, anche senza una bella notizia, so che posso giungere alla felicità.Sono già in fase di sorriso.Oggi farò una grande partita.
Sviscero dentro di me l’istinto di appellaggio.E’ meraviglioso sentire la pulizia che vado facendomi dentro. Meraviglioso.Da solo, senza ausilio, in contatto con la paura, osservando la paura, contemplando il flusso naturale delle cose.Cosa c’è al di là?Cosa c’è? Voglio che ci sia qualcosa al di là.Altrimenti ci dovremmo soffermare qui, sul piacere e nient’altro.E’ qui che, nonostante tutto, dobbiamo stare, dobbiamo giocare, dobbiamo esistere.Dell’al di là non c’è certezza.E’ il pensier che mi preme, assieme al comunicare le emozioni e la ricerca dello stato ultimo.
La secchezza. La filosofia della secchezza, della direttissima, della senza fronzoli. E’ ciò che sto applicando ora. Senza sfumature, dritto alla verità delle cose che sento e che penso degli altri. A volte con fronzoli, ma lo faccio.E’ difficile tale strada, è dura. E’ dura la strada della verità e della sincerità ultima. Fa male a chi la subisce, fa male a chi la esprime. Fa bene a chi la subisce, fa male a chi la esprime.Sviscerare le tensioni, tenere ben in vista l’obiettivo, la strada, e districarsi tra i limiti propri e degli altri.In cerca di persone che emanano energia positiva, positiva per me.E’ tutto o quasi una questione di energie. Avvilupparsi e goderne, lasciarsi prendere, soffrirne fino al midollo per il fine ultimo del benessere e della serenità.E con il terzo occhio ben aperto, l’occhio dell’assorbimento della conoscenza che arriva sempre e che ce la prendiamo se quell’occhio è ben aperto.
E’ tutto così difficile. E fa male. Non devo più arrivare a una tale situazione: stare male fisicamente per avere subito l’incapacità degli altri di superare i propri limiti.Devo riuscire a sorridere dinanzi a questo. Ad accogliere, sciogliendo lo scontro. Non tanto evitarlo. Evitarlo alimenta la tensione o comunque essa permane.Va sciolto. Posso/devo andare incontro agli altri sorridendo e mettendoli dinanzi ai loro limiti e ai loro errori. Ma innanzitutto, devo preservare il mio benessere. Questa è la cosa più importante.E’ un obiettivo molto difficile. Ma posso riuscirci. Devo riuscirci.
Va meglio. E’ come se avessi il corpo e la mente più rilassati e in armonia con il mondo esterno.Oggi è stata una giornata significativa. Conflitti trasformati in relativa armonia.Intuizioni fondamentali su di me: sicurezze, più che altro.Proseguo il mio percorso verso l’accoglienza del tutto.Ho imparato molto oggi su ciò che in certe situazioni devo fare.La prossima volta l’impegno sarò farle.Fare o non fare, non c’è avere intenzione.
E dato che nel contatto con le umane genti soprattutto trovo delusione, incomprensione, incapacità d’andar oltre, blocchi emozionali, indisponibilità ad aprirsi per insicurezze che lor stesse dichiarano di appartenere ad altri, date tal cose allora forse è meglio esprimersi qui, nella scrittura, esprimersi qui, nell’arte, esprimersi qui per poi donare agli altri in un futuro ipotizzato, in un futuro in cui magari come tante persone incomprese in vita, nel qui ed ora, poi furono comprese ed acclamate.
Per qual motivo io debbo coltivare in un terreno arido, in un terreno dove la pioggia cade soltanto quando le conviene, quando vuole cadere? Per qual motivo io chiedo con gentilezza per poi non ricevere se non soltanto di rado? Per qual motivo io m’apro per poi vedere ferma, quasi gelida, la gente fumante, la gente che fuma e che si nasconde inconsapevolmente dietro a tal fumo di sotterfugi emozionali che tutt’altro sono che compresi da se stessa?
L’accettazione è forse l’andar oltre, l’avventurarmi dentro di me per non poter andare fuori di me, perché cosi oltre fuori non si può andare senza ritrovarsi sempre in quello stallo, in quella situazione di sempre dove oltre non si può, dove la strada finisce e non perché inizia la montagna, ma perché la strada finisce.
Venerdì 11 maggio 2018
La vita è potenzialmente una merda.
La vita è potenzialmente una figata.
Queste due espressioni hanno potenzialmente lo stesso significato.
Martedì 15 maggio 2018
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
C’è da lavorare sull’autostima.
Giovedì 7 giugno 2018
Un invito a stare calmi e semplicemente osservare le cose per come realmente sono.
Osservare le cose con sereno distacco.
Contemplarle, sviscerarle, senza giudizio alcuno mosso dalle nostre viscere.
Andare oltre le viscere, la pancia, le emozioni.
Semplicemente osservare, accettare, non farsi ingannare da se stessi.
Non cadere in interminabili equivoci per il solo motivo di non essere stati calmi.
Semplicemente osservare.
E’ forse l’osservazione che c’è in un sereno distacco la strada da percorrere per impugnare l’amore, creare un mondo senza conflitti (relazionali o guerre), giungere alla verità ultima.
Martedì 26 giugno 2018
T’amo.
T’amo mio sempiterno amore, viscerale amore, triste amore.
Negli abissi escogiti la mia redenzione: l’avrò mai?
Amore alternativo, amore danzante, amore spavaldo, amore tenero, amore sublime, amore bello. Sei in ognuna e perseveri nel costringermi all’appiglio, ad appigliarmi ad una, all’una del momento.
Ma dove mi porterai? Dove?
Io vado ascoltando questo sublime canto di dimenticanza. Perché è qui che mi perdo, è qui che mi inoltro per cercarti. Forse una volta per tutte.
E gli stolti che sono in me vanno perseverando nella leggerezza: a loro è riservata una falsa beatitudine in un oceano di verità nera. E’ questo che voglio?
Là sono. In stallo. Nello spazio sublime, vivo ma fermo. Tra l’avvicendarsi di corpi celesti animati dall’energia delle stelle. Io sto a guardare, come un codardo spaziale. Ma è così bello esserlo da volerlo essere per sempre…
Ed era lì che stava. Osservando le automobili scorrere lungo la via, quella via che tanto mi ha dato e che tanto mi ha tolto.
Lui stava.
Dal di fuori pareva un pazzo. Aveva i capelli lunghissimi e grigi. E vagava per le strade del quartiere. Mai l’ho visto seduto. Stava sempre in piedi. Ora sorseggiando della coca cola, ora mangiando della pizza tenendo tra le mani il cartone da asporto.
Vagava.
In quel momento era per lui il momento di stare. Stava, in osservazione del fluire delle auto.
Stava di fianco a un semaforo, per qualche minuto. Per poi magari spostarsi di un isolato e rimanere ancora ad osservare.
Ogni tanto prendeva l’autobus e spariva dalla via.
E chissà a cosa pensava.
Quel giorno mi avvicinai e decisi di rivolgergli la parola. Come una sorta di sfida: ho paura di parlargli e allora mi faccio coraggio e lo faccio. E poi mi affascinavano tali personaggi del tutto fuori dal contesto sociale, fuori da ogni schema, pronti a lasciare tutto e forse anche a morire da lì a poco.
“Ciao”, gli dissi.
Mi guardò con fare attentissimo.
“Non mi conosci… E mi saluti? Porta rispetto…”
Io sorrisi, senza prendermela. Ebbi empatia subitanea dinanzi a tale incapacità di relazione.
Entrò al bar per poi uscire con una lattina di coca.
Cercai il suo sguardo.
Lui mi guardò per un attimo, per poi tirare diritto.
Ho da sempre avuto empatia per tali personaggi. Quasi fossi uno di loro, per lo meno nella sostanza: soli, incompresi, fuori dagli schemi, ribelli a prescindere.
Senza luogo né tempo
Eravate spenti. Poi vi siete riaccesi splendendo di luce rosata e riaccendendo di energia nuova la visione dinanzi a me.
Ora vi state rispegnendo, come vostro solito e spontaneo fare.
Sarete spenti di nuovo tra un po’ ed io avverto questo attimo che viene, che resta, che va. E’ così bello. E’ così triste.
Senza luogo né tempo
La frescura del vento entrava dalla finestra semi aperta ed io, scrivente e semi steso sul letto, la sentivo, l’ascoltavo questa frescura. Una frescura lenitiva per il caldo atroce di tal giorni.
Il rumore delle auto era perenne in quella sera di fine maggio. Pochi minuti e sarebbe stato giugno. Poche settimane e la luce avrebbe cominciato a diminuire, proprio nel momento in cui sarebbe stata più intensa.
E allora, di cotanto trascorrere del tempo, mi improvvisai, mi lasciai andare verso un abbraccio più totale delle emozioni, verso l’essere schiavo delle emozioni. Come quasi a dire: mi rimangono solo quelle. Sono quelle che mi tengono vivo. Sono quelle il mio motivo di vita. Ma so anche che è una presa di posizione che potrebbe, anche, significare: cerco nelle emozioni un appiglio, una sopravvivenza.
E allora non mi sentii particolarmente creativo quella sera, al punto che quasi decisi di smettere di scrivere. Ma una forza mi trattenne… E continuai… ma solo per qualche lettera, fino a che… smisi.
Mercoledì 11 dicembre 2019
Non c’è nulla in tutta quella emissione di parole, di voci. Nessun genere di profondità, nessun valore che abbia valore. Non c’è nulla.
E domani, le mille parole di lui… come contrastarle se non facendogli capire che il silenzio ha ben più valore di mille parole? A volte anche di 100. A volte anche di 10 parole. A volte anche di una.
Senza luogo né tempo
Non è come voglio.
Ritorno da una colazione fuori in un baretto qui vicino… Ma non è come voglio, non ho dentro la serenità per scrivere. E neanche la rabbia. Sono nel mezzo.
Tutto scorre, fluido.
Non è ancora come voglio, ma siamo più vicini all’obiettivo.
Senza luogo né tempo